lunedì 16 luglio 2012

L'utopia del tempo

Mi sembra sia giunta l'ora di postare il primo racconto. Lo scrissi tempo fà, spero vi piaccia. Vi sono vari riferimenti a cose o persone che sono state presenti nella mia vita.


L’utopia del tempo

A breve la sabbia sarebbe terminata.
La Leggenda ancora infestava il Pianeta. Sin da quando avevamo superato l’anno di vita i nostri nonni avevano iniziato a raccontarci della situazione degradata del nostro Pianeta, un tempo rigoglioso e vivo. La Leggenda narrava che una volta il nostro mondo era ricoperto da Acqua e le terre emerse erano prospere e fiorenti: lo chiamavano Pianeta Vero. I nostri avi continuavano a dirci che se solo gli abitanti di quel tempo non fossero stati così accecati dalla bramosia di conquista non sarebbe successo nulla; in principio ne ero fermamente convinta, d’altronde la continua ipocrisia ha reso gli stessi abitanti ciechi a ciò che accadeva loro intorno. La Leggenda narrava che la Punizione era scesa ineluttabilmente cancellando ogni traccia: una pena fin troppo dura da poter essere definita questo modo. Quale pena poteva essere peggiore dell’esilio?
L’Ultimo Giro era avvenuto 81 anni fa. E di questo ero sicura. Gli atavici scritti che riportavano la Leggenda narravano di un Cataclisma di proporzioni abnormi che aveva invaso tutto il Pianeta riducendolo ad una sparuta landa desolata. Nessun superstite. È spaventoso pensare che la nostra intera stirpe si sia creata ancora una volta dopo un cataclisma di quelle proporzioni, ma ovviamente – come si cita all’interno della Leggenda – ciò è stato possibile solo grazie ai Prescelti: senza di loro non avremmo mai potuto ricominciare. Erano loro ad avere il compito di divulgare la Leggenda alle generazioni che vivevano in quel determinato periodo in cui erano in carica. Erano stati i primi Prescelti a narrare della Punizione inflittaci da loro. Li definivano “La costante minaccia che incombe su di noi.”
Il sole era quasi giunto all’orizzonte del deserto che oramai rappresentava il nostro Pianeta. La sua forma tondeggiante riluceva fra le nubi rossastre pennellandole con i suoi fulgidi raggi di un viraggio rosa, giallo ed arancione. Gli ultimi rondoni, fuggiti dalla riserva di uccelli costantemente monitorizzata e tenuta in funzione da una miriade di apparecchi che estraevano l’Acqua dal terreno, si dirigevano verso sud in un meraviglioso stormo di oltre trecento individui. Mi ero sempre chiesta perché gli uccelli procedessero costantemente assieme: sempre in stormi, perennemente uniti. Eppure ogni rondone aveva davanti a sé una vita propria, che senso aveva procedere sempre in gruppo? Forse per sentirsi più sicuri? Forse per non restare da soli? Era plausibile, d’altronde io stessa non riuscivo a restare sola. Ero costantemente in compagnia di amici fidati ed anche in quel frangente ero seduta su di una duna di sabbia a contemplare il crepuscolo con Lyran. Entrambi guardavamo il cielo anche se lui sembrava più in uno stato di assoluto riposo che intento a guardare uno spettacolo così bello. Lyuk e Mayt si erano offerti di montare il telescopio e stavano lavorando alle nostre spalle, sebbene stessero lavorando da più di un’ora e mezzo. Doveva essere tutto pronto per il tramonto.
«Dov’è Adryn?» chiesi a Lyran. Lui aprì le palpebre e mi fissò con aria stanca.
«Non lo so» sbadigliò.
«Avrebbe dovuto essere qui da un po’»
«Di che ti lamenti? Siamo venuti via dalla piazza perché c’era una folla pazzesca! Mi sembra logico che Adryn abbia avuto qualche complicazione per arrivare a casa» Ed aveva ragione, le riunioni per le elezioni erano sempre state un vero guazzabuglio di corpi ammassati.
«Ad ogni modo dovrebbe sbrigarsi» dissi. «Non manca molto»
Guardammo nuovamente il sole. Lo stormo di rondoni stava compiendo evoluzioni meravigliose contorcendosi e plasmandosi quasi come una bolla o un branco di pesci. Già pesci. Me ne avevano parlato i miei nonni quando ero piccola. Dopo il Cataclisma, i mari si erano prosciugati e le creature marine si erano estinte dal Pianeta lasciando una landa desolata. Così narrava la Leggenda. Le uniche creature che erano rimaste eravamo noi e gli uccelli; si diceva che gli altri animali si fossero estinti non potendo volare. Noi c’eravamo salvati grazie alla nomina dei Prescelti che – sempre secondo la Leggenda – avrebbero mantenuto la specie. Come avrei voluto anch’io possedere un paio di ali, volarmene via da quel luogo e fuggire verso l’alto: come gli uccelli, come le aquile. Loro sì che potevano raggiungere l’uscita. Naturalmente assieme a loro vi erano i Prescelti dato che erano gli unici a possedere una sede mobile in grado di sopravvivere al Giro. Venivano eletti sempre prima del Giro – così narravano i nostri nonni – e venivano scelti gli individui che avrebbero portato avanti la specie. I Prescelti ci dicevano che durante quel lasso di tempo s’incontravano con loro i quali nominavano i futuri eletti. Coloro che venivano selezionati avevano il diritto di continuare a vivere ed avere l’opportunità di perire di morte naturale di cui ben pochi potevano “beneficiare”, stroncati dal Giro che si ripeteva regolarmente. Tutto ciò che i condannati riuscivano a realizzare nel lasso di tempo fra un Giro e l’altro era costantemente tenuto sotto controllo da loro – così dicevano i Prescelti. Non potevamo fare nulla senza essere visti. Chiunque trasgrediva le Leggi da loro emanate, così specificavano gli eletti,  veniva immediatamente punito e, sempre sotto loro decisione, a causa della sua avventatezza tutto il Pianeta ne pagava le conseguenze.
Avvertii un rumore metallico alle mie spalle. Mi voltai e scorsi Mayt che stava discutendo animatamente con Lyuk. Supposi che fosse successo un disguido. Mi alzai cercando di mantenere l’equilibrio sulla sabbia e scesi lungo la duna raggiungendoli.
La sabbia continuava a cadere; a breve sarebbe terminata.
«Che è successo?» chiesi ai miei amici.
«Ha montato male una lente!» tuonò Myat.
«Non è vero!» ribatté Lyuk. «Almeno credo…»
Mi avvicinai al telescopio per constatare gli eventuali danni. Lo osservai attentamente e lo esaminai facendo particolare attenzione alle lenti. Avevamo bisogno di quello strumento.
«Allora?» mi chiese Myat.
«C’è una lente messa in modo errato» Myat sorrise a Lyuk. «Ma non è quella di cui parli, Myat» terminai spiazzandolo.
«Perché?» mi chiese turbato.
«Perché è quella che hai inserito tu ad essere sbagliata»
Lyuk si mise a ridere e Myat lo guardò torvo.
«Calmatevi» dissi con calma. «Cercate piuttosto di finire il lavoro. Adryn sarà qui a breve ed il sole è quasi tramontato»
Entrambi acconsentirono col capo e si rimisero a lavorare. Non potevamo permetterci di perdere tempo. Quella era la nostra unica occasione. Se Adryn non fosse arrivato in tempo forse nessun altro avrebbe avuto il coraggio di fare una cosa del genere. Mi arrampicai di nuovo sulla duna raggiungendo Lyran. Si era alzato e stava guardando lo stormo che ancora volteggiava in aria: finalmente fuggito dalla riserva.
«Ti capita mai?» gli chiesi.
«Cosa?»
«Di avere voglia di possedere le ali»
«A volte. Questa situazione è fin troppo sfavorevole per vivere bene»
«E pensare che un tempo il Pianeta era rigoglioso e vivo»
«Alludi al Pianeta Vero?»
«Sì, proprio a quello. Sono curiosa di sapere come fosse»
«Se non verremo scelti forse riusciremo a vederlo. La Leggenda narra che dopo il giro giungeremo in un posto simile al Pianeta Vero»
«Tu ci credi?» dissi retoricamente.
«No, altrimenti non saremmo qui»
«Giusto»
Per un attimo sorridemmo entrambi. Un fugace istante che avrei voluto durasse in eterno. Udimmo un rombo di motore e ci voltammo verso Lyuk e Myat. Adryn era finalmente arrivato. Scese dall’auto.
«Scusatemi ragazzi!» disse.
«Adryn» urlò Lyran. «E’ tutto pronto?»
«Sì, dobbiamo solo montare»
Proprio in quell’istante Myat e Lyuk avevano terminato di montare il telescopio. Si precipitarono ad aiutarci per preparare tutto quanto. Avevamo pianificato tutto sin da quando eravamo stati messi al corrente della Leggenda: nessuno di noi ci aveva mai creduto. Se veramente la Leggenda era vera loro dovevano essersi già accorti di ciò che stavamo facendo: della nostra infrazione della Prima e più importante Legge. Cinque ragazzi uniti per una rivolta: per far vedere che anche noi possedevamo la ragione; per dimostrare di non essere succubi, come gli altri, all’autorità dei Prescelti; per appurare che in realtà la Leggenda era tutta una messa in scena divulgata dai Prescelti per i loro interessi.  Fortunatamente eravamo nati negli ultimi venti anni dell’intervallo fra i Giri. Si verificavano ogni 81 anni – che in realtà erano pochi minuti del loro metodo di misurazione - ed ora noi volevamo fare qualcosa che non aveva precedenti. Subito dopo il Cataclisma, le Leggi erano state diffuse con una velocità quasi impressionante. La Prima di queste – quella che stavamo infrangendo – vietava immancabilmente e senza alcuna replica l’unica cosa che potesse dare un significato alla vita di un essere Umano: la musica. Il Pianeta non aveva più sentito parlare della musica, eppure noi cinque riuscivamo a percepirla ovunque: nel canto degli uccelli, nel vento, nella sabbia che ricopriva il nostro mondo. Loro odiavano la musica e tutto ciò che poteva definirsi suono, ma questo era quello con cui i Prescelti ci avvelenavano la mente: erano stati loro a vietare la musica. All’inizio – durante la nostra infanzia – non capimmo mai il perché, ma crescendo scoprimmo il vero motivo sin da quando iniziammo a dubitare della Leggenda. Loro non esistevano, o meglio esistevano ma non sapevano della nostra presenza ed i Prescelti non venivano eletti da loro, ma dai Prescelti stessi: sempre le stesse generazioni e le stesse parentele degli eletti. Ci avevano traviato la mente con le loro scempiaggini trattandoci come esseri inferiori: in verità erano loro a controllare che la Prima Legge non fosse infranta. Tutta la Leggenda era una pura falsità. Noi abitavamo in un mondo sconosciuto a loro ed i Prescelti non volevano che loro venissero a conoscenza della nostra esistenza. Ecco perché avevano vietato la musica.
Sino a quel momento eravamo riusciti ad esercitare la musica senza farci scoprire. Come facemmo? La maggior parte delle volte, i misteri sono quelli che mandano avanti l’essere stesso, perché lo inducono alla ricerca di una risposta. Noi avevamo trovato la nostra risposta ed ora volevamo ribellarci. Avremmo suonato prima del Giro: l’esiziale Giro.
Preparammo tutto quanto. Impugnammo ognuno la nostra metà. Una batteria, una chitarra elettrica, un basso, una chitarra acustica ed una voce simile al suono della stessa natura. Era quello il nostro intento: riprodurre la natura di un tempo mediante la musica. Farci sentire. Far capire che eravamo vivi e vivevamo in quel mondo. Mi posizionai vicino al telescopio e guardai verso l’alto. Loro erano lì. Non immaginavano neanche quello che stavano per fare; eppure erano così simili a noi.
Mancava oramai pochissimo al termine della sabbia e loro erano pronti.
«Ragazzi» disse Adryn. «Ci siamo»
«Ci siamo» rispondemmo all’unisono. Eravamo assieme: uniti per una rivolta contro i Prescelti. Ciò che spinge un essere Umano a vivere è la voglia dello stesso vivere, perché vivere vuol dire far sapere a qualcun altro che sei presente e vivo e noi volevamo solo rendere quegli esseri consci della nostra presenza.
Iniziai a pizzicare le corde con le dita dando inizio alla fine. Myat mi accompagnò iniziando a battere differenti tamburi, mentre Lyuk pizzicava il basso e Lyran accennava a cantare.
Dall’alto i Prescelti si erano accorti di quello che stavamo facendo. Avrebbero inviato i loro seguaci per intimarci di smettere, ma non avrebbero mai fatto in tempo: ecco perché avevamo scelto quel momento.
Il sole stava tramontando definitivamente. I rondoni si contorcevano sopra di noi; non erano fuggiti ed erano rimasti a farci compagnia, ad alimentare la nostra musica. Una distorsione della chitarra elettrica e la nostra vera musica iniziò realmente per quello che era: una rivolta, un modo per farci sentire. La nostra musica continuava sempre più repentina e potente. Dovevano sentirci.
La sabbia era finita. Il sole tramontato. Noi che seguitavamo a suonare.

«Avanti Cecilia, girala»
«Ma mamma» rispose la piccola bambina. «Sento qualcosa qui dentro»
«Che cosa piccola?»
«La musica»
«Oh, ma che sciocchezze!» disse la scettica madre di quella che poteva essere l’unica ad impedire un catastrofe. «Hai troppa immaginazione. Avanti girala»
Cecilia allungò la manina dando maledettamente ascolto a sua madre e capovolse la Clessidra.

  
Fatemi sapere che cosa ne pensate^^ Scrivete pure ciò che volete 
The Guardian

Nessun commento:

Posta un commento